Il design della contro copertina celebrativa per i cinquant’anni dalla prima pubblicazione di Cronaca Vera è un capolavoro. C’è chi l’ha immaginata svettare come un Mondrian, tra le altre riviste a disposizione di chi attende il proprio turno da un parrucchiere hipster piuttosto che da un dentista cosmopolita. Allo stesso modo interessante è il coinvolgimento di cinquanta autori, per altrettanti ritratti del settimanale in edicola dal 1969. Su invito del direttore Giuseppe Biselli, ho avuto l’opportunità di partecipare al progetto e quello che segue è il mio personale contributo, pubblicato sulla contro copertina del numero 2410 della rivista in edicola da martedì 6 novembre 2018.
Pochi mesi prima, la televisione aveva trasmesso in sfocati toni di grigio, l’impresa dello sbarco degli astronauti americani sulla Luna e ora, mentre dall’autoradio si udiva Lucio Battisti cantare profeticamente …non sarà un’avventura, una fiammante Fiat 128 si fermava alla solita edicola, Era l’ottobre del ‘69 e accanto a Stop, settimanale del dopoguerra in livrea bianconerorossa, l’edicolante aveva appena sistemato il primo numero di Cronaca Vera che per tonalità gli somigliava, ma prometteva di essere ben altra cosa. A enfatizzare la prima delle sue, ad oggi, oltre duemilaquattrocento copertine, il titolo: Ho visto uccidere Maria Martirano a lettere cubitali e con caratteri rigorosamente senza grazie. Ben presto, insieme a titoli analoghi, che caratterizzeranno da subito la veste grafica della rivista, sarebbero apparse ammiccanti modelle seminude, quasi che il primo direttore Antonio Perria, le avesse portate con se’ dal periodico ABC, clonandone abilmente anche l’impostazione grafica. Fu proprio per merito di una di quelle donne copertina, attraenti come le indossatrici di intimo del Postalmarket di Anna Bonomi Bolchini, che mi ritrovai tra le mani per la prima volta la creatura del lungimirante editore Sergio Garassini, oggi ritiratosi agiatamente in Canton Ticino e ai tempi proveniente dalla controversa avventura editoriale del mensile per uomini Kent sul quale, tra gli altri, Giuan Brera fu Carlo scrisse “Il corpo della ragassa” a puntate, come un ottocentesco romanzo d’appendice. Tornando alla casualità del mio incontro con il settimanale che all’epoca aveva una tiratura di oltre mezzo milione di copie, nell’estate del ’76, alla vigilia della prima media, mentre mi stavo ancora ingenuamente domandando se con i magici occhiali a raggi-x della Same sarei davvero riuscito a vedere le donne nude, mi ritrovai a dormire in solitudine nella camerata di un rifugio alpino, dove scoprii per caso un’enorme collezione di periodici per adulti, che sfogliai clandestinamente dal primo all’ultimo. Tra questi, come un vero e proprio intruso, mi capitò fra le mani Cronaca Vera e, improvvisamente, le immagini di contorsioni e prodezze erotiche cedettero il passo agli sguardi inquieti e inquietanti di quelle persone che avevano vissuto o assistito a una tragedia oppure che la stessa avevano cagionato. Nonostante la ragazza in copertina, avevo di fronte un genere che strideva con quello ospitato dalle pubblicazioni di Saro Balsamo, così, per ragioni anagrafiche e ormonali, richiusi il giornale e passai oltre. Negli anni successivi tornai a sfogliare più volte la rivista a casa di un compagno di scuola e in tempi più recenti, lavorando in pubblicità, compresi il grande sforzo che sta dietro questo prezioso contenitore di notizie e i suoi tre livelli di lettura: immagini, titoli e testo. Un approccio gestaltico che abilmente mette insieme elementi semplici in modo da darne una percezione complessiva chiara e superiore. Giuseppe Biselli, l’attuale direttore, subentrò a Perria nel 1996 e divenne la seconda guida in cinquant’anni: un vero primato per un rotocalco. Fu lo stesso Biselli ad avviare l’evoluzione del codice cromatico originario, a seguire la prima aggiunta di giallo di Perria per poi giungere al colore. Conversando con lui sugli aspetti che connotano la formula di questa fortunata pubblicazione, il cui faro è volutamente orientato a scandagliare i margini della società, ho ricordato ciò che mi disse Carlo Caselli, direttore di Eco di Biella, quando appena diciassettenne gli chiesi di scrivere sul suo bisettimanale. Sentenziò che se avessi voluto scrivere qualcosa, avrei prima dovuto avere qualcosa da dire. Ogni settimana, dal 1969, Cronaca Vera ha invariabilmente qualcosa da dire e per farlo adotta uno stile suggestivo e originale nell’uso degli aggettivi, ma rigoroso e onesto nei confronti della verità e dei lettori. Peculiarità quest’ultima, probabilmente la più significativa, che ha reso la testata un classico iconico dell’informazione italiana.