Talvolta incontro persone i cui figli stanno progettando il proprio futuro e quasi inevitabilmente si giunge a parlare di esperienze all’estero e della possibilità per nulla remota che la vita professionale di questi giovani prenda avvio e si sviluppi fuori dai confini nazionali. Si tratta di una esperienza diffusa fra i giovani occidentali. Desidero tuttavia scrivere di Joy, giovane donna africana, la cui storia fornisce alcuni spunti di riflessione. Ventunenne orfana nigeriana, la vigilia di Natale dello scorso anno è sbarcata in Sicilia chiedendo asilo per motivi religiosi, è cristiana, e dal gennaio di quest’anno vive a Biella nell’ambito del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Joy ora sta imparando l’italiano grazie ad amici volontari, ma ciò che stupisce è che nonostante parli un inglese fluente, sogno irrealizzato per gran parte dei nostri giovani connazionali, ha visto il planisfero per la prima volta nella vita il primo maggio di quest’anno. Fino ad allora infatti, oltre alla Nigeria, conosceva solo l’Olanda, paese in cui crede si stia bene e che vorrebbe vedere e Iran e Iraq, due paesi che, sostiene Joy, sembra non vadano d’accordo! Un percorso di crescita il suo, simile a quello di milioni di giovani, condizionato dalle prese di posizione politico religiose dei popoli orientali e occidentali, che ingenera ovunque quel metissage culturale che Bauman ha definito società liquida. Assistiamo al tradizionale fenomeno per cui la via della migrazione viene imboccata da chi è alla ricerca di migliorare la propria condizione economica e diventa straniero, ma emerge su tutti il grido dei sans papier reso in modo suggestivo dalla canzone I Clandestini dell’opera popolare di Riccardo Cocciante Notre Dame de Paris. I clandestini del 1482 gridano “Noi siamo gli stranieri, i clandestini, noi siamo più di mille, noi la città incivile, per dieci diecimila, per cento centomila, noi siamo i tuoi milioni e noi ci avviciniamo a te. Noi siamo quel niente, che conta zero o Notre Dame e noi ti domandiamo asilo”. Le Notre Dame contemporanee dovrebbero essere l’Unione Europea e l’Italia che attraverso lo SPRAR erogano 35 euro al giorno alle ONG che si occupano dell’assistenza ai rifugiati come Joy, tuttavia anche recentemente, le grandi ideologie del novecento si sono viste presentare il conto dalla storia e dal confronto generazionale che ha fatto emergere una deriva culturale in cui sempre di più le azioni individuali creano il cambiamento. Infatti, quando l’inglese fluente e la determinazione personale sembrano diventate la costante del XXI secolo, ecco la Brexit che rimettere in discussione il cammino di decenni. Di fronte a questa nuova ondata di apparente protezionismo britannico, che contesta anche la libera circolazione delle persone sancita nel 1992 dal trattato di Maastricht come caposaldo della cittadinanza europea, è possibile constatare che si tratti di un tema su cui in Gran Bretagna ci si confrontava già cent’anni or sono e chissà se oggi qualcuno registrerà a beneficio dei posteri le voci a favore della libertà di circolazione delle persone e del libero scambio come fece Arthur Conan Doyle nel romanzo Il mastino dei Baskerville del 1902 ove fece leggere a Sherlock Holmes un articolo di fondo del Times che parlava dell’importanza del libero scambio: “Potrete rimanere lusingati immaginando che la vostra attività commerciale o la vostra industria verrà favorita da una tariffa protettiva, ma ciò è dovuto alla ragione che, se alla lunga questa legislazione toglie ricchezza al paese, diminuisce il valore delle nostre importazioni e abbassa il tenore di vita su questa terra”. Comunque evolvano, i trattati internazionali dell’Unione influiranno sulla vita di tutti noi e su quella di Joy che è anche appassionata di calcio e che attraverso i campionati Europei di Francia appena conclusi ha appreso dell’esistenza di altri paesi del vecchio continente che le potrebbe venire voglia di vedere.
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