E’ una domenica di sole a Chicago in questo primo aprile del ’56. Percorro il DuSable bridge e proseguo sulla Michigan Avenue. A Grant Park, guardando verso il lago, vedo i leoni a guardia dell’Art Institute. Svolto a destra in Adams Street, parcheggio e raggiungo il fondatore del Lions Clubs International. Melvin Jones mi viene incontro e mi stringe la mano rivolgendomi il suo sorriso abbondante. “Così sei un Lion del futuro” esordisce. “Sì Melvin” rispondo “sono venuto a fare due chiacchiere con te perché quest’anno l’associazione compirà cento anni.” Mi guarda inarcando un sopracciglio e continua “Nel ‘17 quando i nostri soldati partivano alla volta della Francia e i miei amici del Business circle pensavano solo agli affari, cominciai a guardarmi intorno e volli fare qualcosa per gli altri.” Si ferma, come se rivivesse quel clima “Ho dedicato la mia vita alla diffusione del lionismo e un secolo è davvero un gran traguardo.”
“Ho letto” intervengo “che agli inizi c’erano anche le donne, ma quasi subito sono state estromesse.” Melvin si appoggia alla scrivania e soggiunge “In effetti non è stato facile.” Lo tolgo dall’imbarazzo e aggiungo “Penso che tu sia stato un uomo fortunato, soprattutto quando nel ’25 a Cedar Point, Helen Keller incitò i Lions a diventare i cavalieri della vista per aiutare milioni di persone. Quando la nominaste Lion onorario, credo che, in cuor tuo, abbia riconsiderato l’idea originaria di William Woods; è emblematico che sia stata proprio una donna a ispirare la nostra maggiore area di intervento. Fu lei a darci un obiettivo comune, una sfida da vincere insieme.” Melvin annuisce e mi chiede “Quante persone ci sono nell’associazione?” Rispondo “Quasi un milione e mezzo in oltre duecento paesi.” Gli ridono gli occhi ed esclama “Che crescita! E le donne?” lo guardo e aggiungo “Circa il venticinque percento, stiamo recuperando, ma nel frattempo siamo stati sulla luna e ci siamo messi a studiare il cervello.”
“Luna e cervello” sussurra Melvin Jones guardando fuori dalla finestra “due territori inesplorati.” “Si è fatto tardi” dico alzandomi “devo tornare al futuro” gli sorrido e aggiungo stringendogli la mano “sono tuo amico e seguo il tuo messaggio di libertà e aiuto ai bisognosi perché hai indicato una traiettoria, evitando di esprimere un dogma, grazie Melvin.” Lui si illumina e mi porge un paio di suoi occhiali: “Portali a chi ne ha necessità!”
Mentre il fondatore mi osserva dalla finestra, i leoni di bronzo brillano al sole del crepuscolo, indifferenti al mio passaggio.