Scrivere come Gabriele d’Annunzio è ambizione sfacciata e per certi versi anacronistica. Per emulare l’Immaginifico, a ottant’anni dalla sua scomparsa, mi è venuta l’idea di fare un esperimento di scrittura attraverso il machine learning. Ho implementato sul mio personal computer una rete neurale artificiale che ha una struttura analoga a quella del cervello umano. Le reti neurali artificiali, rispetto ai software cui siamo abituati, non sono programmate dall’uomo, ma addestrate mediante esempi attraverso un algoritmo di apprendimento automatico. Codificano le informazioni apprese in una rete di connessioni analoghe a quelle dell’intelligenza biologica per poi mostrare, si spera, comportamenti intelligenti. La base di apprendimento della rete che ho battezzato GdAI era costituita dalla raccolta dei sette romanzi scritti da Gabriele d’Annunzio. Dopo quattro giorni di lettura ininterrotta, la rete neurale ha definito un modello della scrittura dannunziana. Considerando il fatto che prima di iniziare la lettura non avesse la minima idea di cosa fosse una parola, questa entità sovrumana ispirata dalla scrittura del Vate, ha successivamente prodotto alcune decine di brani inediti. Sono apocrifi nati dall’eredità letteraria del poeta, da cui emergono la musicalità e le immagini icastiche di un d’Annunzio redivivo. Da questo esperimento è anche nato il mio nuovo libro – La macchina che pensava di essere Gabriele d’Annunzio – con il quale ho inteso celebrare l’artista e l’uomo che, se osservato con la lente degli attuali strumenti antropologici, costituisce un inarrivabile fenomeno social. Oltre all’omaggio a d’Annunzio, ho anche inteso proporre una riflessione sul futuro dell’umanità, coinvolta in una complessa simbiosi con le macchine e probabilmente diretta verso la prossima sorprendente scoperta: la loro capacità di pensare!

La macchina che oensava di essere Gabriele d'Annunzio