Quando nella sua casa di vacanza in Giamaica, Ian Fleming si mise alla ricerca della spy story definitiva, tra le pagine che era solito scrivere nella penombra, al ritmo di duemila parole al giorno, fece la conoscenza di James Bond, il suo alter ego letterario.
Così, nel 1953, la spia britannica mosse i suoi primi passi nella palude della Guerra Fredda, ambiente che l’autore inglese sfruttò con abilità, facendo giocare Bond a tutto campo, tanto da renderlo un unicum nel panorama della letteratura spionistica.
Nell’immaginario collettivo, 007 è una spia elegante, che vive alla grande e compie imprese impossibili, utilizzando gli ultimi ritrovati della tecnologia, tuttavia, prima di essere una stella hollywoodiana e il testimonial miliardario di decine di brand prestigiosi come Aston Martin e Tom Ford, James Bond è anzitutto il personaggio centrale del ciclo di romanzi di Ian Fleming.
Tanto immaginario da sembrare talmente reale che, a sessantacinque anni dall’esordio, il suo mito non accenna a tramontare. Infatti è appena uscito il romanzo Forever and a day, prequel di Casinò Royale, scritto da Anthony Horowitz e i fan di tutto il mondo sono in attesa di rivedere Bond, nel venticinquesimo film della saga, la cui uscita è prevista per l’anno prossimo.
Stiamo vivendo un periodo non facile, in cui sembra di assistere a una sorta di rigurgito di Guerra Fredda. Per chi legge le cronache, lo scontro si esplicita nel togliere dallo scacchiere pezzi di diplomazia. Consoli e ambasciatori sono la linea di salvaguardia degli equilibri internazionali e quando la politica sceglie di rimuovere tale baluardo, lo fa per evocare i fantasmi di un passato non troppo remoto.
Un passato, tra l’altro, sempre più in voga nella fiction. Recentemente, il regista Pawel Pawlikowski ha presentato a Cannes il film Cold War e in tivù assistiamo al grande successo della serie The Americans.
Possiamo anche considerare la Guerra Fredda come il simbolo per eccellenza della doppia rappresentazione della realtà. Due blocchi contrapposti che pongono in evidenza la propria verità, celando le altre.
A centodieci anni dalla nascita del padre dell’agente segreto per antonomasia, il mio nuovo libro James Bond e l’eredità di Ian Fleming rispecchia tale schema. Se quello citato è il titolo ufficiale che anticipa le riflessioni sul mito di 007, il titolo nascosto Operazione Goldenmine è quello del romanzo inedito contenuto nel volume e ispirato da un’intelligenza artificiale che ha letto i romanzi di Fleming. Un racconto che ha come protagonista Jenson Barker, anch’egli agente segreto dell’MI6, amico e doppio di James Bond. Un libro nel libro, in cui nulla è ciò che sembra.
Il volume svela inoltre una terza verità, quella della suggestione visiva delle venti tavole originali Cyberpainting con cui ho illustrato la storia di Jenson Barker, rendendo a mio modo omaggio ai creatori dell’iconografia bodiana degli anni ’60.
Per chi si immergerà nella lettura di questa nuova e avvincente spy story, sarà facile ritrovare ogni elemento simbolico dell’universo fleminghiano, James Bond incluso.