Qualcuno ha detto che per realizzare arte generativa sia necessario riflettere sul concetto di infinito. In effetti, se gli esseri umani avessero realmente contezza di tale dimensione, potrebbe essere loro utile soffermarvisi. Infatti, una volta avviata, un’entità generatrice come un Twitter-bot non smette di generare ciò per cui è stata pensata e progettata, sia che si tratti di testo, immagini o una miscellanea di entrambi, se non staccandogli la spina.
Solo per il fatto che, quasi sicuramente, il generatore sopravvivrà al suo creatore continuando a realizzare i suoi lavori, siamo di fronte a un concetto spiazzante e provocatorio.
René Magritte, che come tutti i grandi artisti del passato, vive nelle sue opere, ha utilizzato la potenza dell’immagine per provocare e trasmetterci idee e concetti. Apparentemente meno trasgressivo dei suoi contemporanei, il suo lavoro ci comunica la costante volontà dell’autore di spiazzare l’osservatore.
Dal novembre del 2018, per i centoventi anni dalla sua nascita, è in funzione @pasmagritte un bot ispirato all’opera del maestro surrealista belga.
Il concetto su cui si basa questo generatore è quello del doppio inganno. Il primo è lo stesso del celeberrimo dipinto di Magritte Il tradimento delle immagini in cui la pipa è dichiaratamente una rappresentazione dell’oggetto e non già l’oggetto stesso. In @pasmagritte abbiamo la sovrapposizione casuale e seriale di oggetti, persone e paesaggi dalla silhouette familiare, che tuttavia inganna la mente, sui lavori del maestro. Non si tratta infatti di un pesce o di una chitarra, oppure di Alfred Hitchcock o di Sherlock Holmes, bensì della proiezione mentale che una semplice sagoma nera trasmette subdolamente al nostro cervello. Il nero delle silhouette è pura assenza di immagine e colore e allo stesso tempo asportazione dell’essenza pittorica di Magritte. Ed è qui che troviamo il secondo inganno, la cui dichiarazione campeggia sull’immagine nella frase Ceci n’est pas un Magritte con tanto di numerazione casuale. Questo non è un Magritte, ma una sua negazione. Doppio inganno e doppia negazione: non abbiamo neppure la rappresentazione dell’oggetto riconoscibile nella silhouette, ma la sua assenza, come fosse scavata nell’opera di Magritte stesso. Un doppio tradimento dell’immagine, che si sublima in una immagine nuova, altrettanto spiazzante, talvolta drammatica, che assurge, per chi osserva, a nuovi significati.
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