All’inizio di questo indimenticabile 2020, pochi immaginavano cosa sarebbe successo in Italia nel periodo di carnevale. Siamo passati dalle maschere della tradizione carnascialesca a quelle antivirus e pensando di entrare come d’abitudine in quaresima, siamo piombati in quarantena.
Le misure adottate dai governi costringono a casa le persone. Quella casa che precedentemente vista come nido accogliente, per molti rischia di diventare una gabbia.
È una brutta sensazione quel senso di privazione della libertà e di tristezza per i propri simili uccisi dalla pandemia, che sta provando oltre un terzo della popolazione del pianeta.
Gli eventi come l’emergenza covid-19 risvegliano nell’essere umano quell’istinto atavico di paura che ha tenuto in vita i nostri antenati. Paura di perdere il controllo della propria esistenza, delle proprie cose e della propria libertà. Paradossalmente, a tal proposito, lo psicoterapeuta Fritz Perls ha scritto che la persona che ha la mania del controllo è la prima a perdere la propria libertà.
Chi è preparato a questo tipo di vita? Probabilmente nessuno. Forse nemmeno quei lupi solitari che, con una punta di snobismo, mantengono le distanze dal mondo civilizzato e di tanto in tanto si beano nell’uscire tra la gente per puro voyeurismo etnografico. Animali sociali a loro volta!
Anche le imprese, esseri inanimati se non sospinti dall’execution dell’imprenditore, del management e dei lavoratori, soffrono.
Ci si domanda quante sopravvivranno a questo arresto forzato.
Certamente chi è in grado di accendere un falò con la carta delle caramelle, come quelle organizzazioni che con poche risorse riescono a realizzare attività mirabili, sarà avvantaggiato.
Se con la crisi economica del 2008 le realtà distrettuali manifatturiere italiane si sono trovate di fronte a una rivoluzione, quella che si profila all’orizzonte è una vera e propria apocalisse culturale, nell’accezione demartiniana, cioè della “fine di un mondo”, come ad esempio quello del luogo di lavoro inteso in senso fisico.
Sembra l’alba di una nuova modalità di governo delle transazioni tra imprese, tra lavoratori e imprese, ma anche tra Stato e cittadini, perché in una situazione straordinaria come quella fatta emergere dal coronavirus, il contratto sociale tra il popolo e le istituzioni vacilla sotto i colpi di promesse non mantenute e di una soffocante macchina burocratica.
D’altro canto, in questa manciata di settimane, famiglie e imprenditori hanno imparato che il digitale non è un’opzione, ma una scelta obbligata in questo mondo elettrico e interconnesso.
Le autostrade digitali accorciano la distanza sociale attraverso la comunicazione che da telefonica si è fatta videotelefonica, rappresentando la nuova normalità che alcuni avevano visto solo nei film di fantascienza.
In futuro, anche chi è in grado di accendere i falò con la carta delle caramelle, difficilmente potrà tornare ai segnali di fumo antesignani del 5G, e sarà chiamato a evolvere.

segnali di fumo