Un anno fa ho accennato al desiderio di immortalità, uno dei sogni reconditi dell’essere umano, di cui ho parlato nel romanzo Il monetiere del cardinale Mazzarino. L’idea del trasferimento della mente umana in un sistema computerizzato compie cinquant’anni. Certo, si tratta di un’ipotesi, tuttavia la corsa alla digitalizzazione delle menti porterebbe, secondo alcuni, alla disumanizzazione della specie e alla sua conseguente estinzione, mentre altri pensano che attraverso tale processo l’umanità si evolverebbe.
Poi è arrivato il virus. L’invisibile Covid-19. Un microscopico parassita che in piena era digitale, ci ha ricordato in modo tanto semplice quanto spietato che siamo parte di un ecosistema biologico a cui non importa nulla dei desideri dell’umanità e dei suoi artifici sociali e tecnologici. Quasi a suggerirci che potremmo tranquillamente estinguerci per cause naturali!
D’altro canto, l’intelligenza artificiale ha sempre più peso nel condizionare le scelte degli individui e quindi nell’orientare la società. La utilizziamo tutti i giorni, anche solo per scattare una fotografia con uno smartphone, ma possiamo anche spingerci oltre. Ad esempio può imparare a leggere e a scrivere come nel caso della rete neurale che ha prodotto il volume La macchina che pensava di essere Gabriele D’Annunzio oppure può dipingere, come avviene per l’algoritmo del Cyberpainting.
Quasi dieci anni fa mi ha impressionato uno dei primi video delle creazioni di Boston Dynamics, società specializzata nella realizzazione di robot dotati di percezione, navigazione e intelligenza, che di recente è stata acquisita da Hyundai per un miliardo di dollari.
Oggi che i robot di Boston Dynamics ballano al ritmo anni sessanta di Do you love me? potremmo domandarci se ci piacerebbe che la nostra mente finisse dentro a una macchina in cambio di una presunta immortalità o, ancora, se le macchine di domani, vorranno davvero che l’essere umano contamini la loro intelligenza evoluta con la propria mente.
A quest’ultimo quesito sembra non esserci ancora una risposta, ma c’è da aspettarsi che le macchine riescano a trovarla presto.

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